venerdì 30 settembre 2011

Non è una metropolì per vecchi.

Se venite a Monvéal noterete, non appena usciti dall'aeroporto, una serie di cose che vi faranno pensare seriamente a dove cippimerlo siete finiti, ma soprattutto da dove cippirimerlo venite.
I camion sono grossi. Grossi come quelli che si vedono nei film americani, dove gli autostoppisti (che qui esistono, sul serio) poi muoiono perchè ci sono saliti sopra sperando in un passaggio verso "la stazione di servizio più vicina" e invece il camionista del camion (GROSSO eh) gli ha aperto la pancia per mettere le sue budella di fianco al calendario della Pamelona Anderson. Così è la vita, quindi se siete furbi non venite a fare l'autostop in America, che è una brutta roba.
Poi noterete che ci sono un sacco di automobili giapponesi, che i quebecchesi chiamano le macchine "automobiles" invece di "voitures/car", che i semafori sono dall'altra parte dell'incrocio e se ti ci fermi sotto invece che fermarti allo stop diventi come il tonno che si taglia con un grissino nella tua scatoletta di latta. Ma soprattutto noterete 2 cose:
1. Monvèal è piena di MATTI. Lo so che dall'alto dei miei titoli accademici, dovrei usare una terminologia consona al mio status di psicologa (ha ha ha), con tanto di definizioni da Manuale, ma.. chissenefrega? Sono pazzi. Parlano da soli, ridono da soli, camminano in modo buffo, fanno cose buffe e hanno facce buffe. Diane Arbus  ci farebbe 7 mostre e 10 vernissage. A me piacciono. Oggi sull'autobus una signora con un cappellino rosa (non è segno distintivo di pazzia, qui sono tutti vestiti come delle badanti/ballerine di lap dance/manga) e uno strabismo talmente buffo e ingenuo che l'avrei strapazzata di coccole, (se non fosse stata evidentemente una pazza furiosa) si è risentita tantissimo perché la signora seduta accanto a lei appena si è liberato un posto, è andata a sedervisi. Così continuava a fissarla con un occhio (l'altro non so dove guardasse, probabilmente teneva sotto controllo le fermate) un po' triste e un po' confusa, parlottando tra sè e sè quasi a scusarsi di essere completamente fusa e di non incontrare la simpatia della sua (ex) vicina di posto. Magari puzzava e basta e quell'altra si è spostata per non soccombere. Ma a piace pensare alla triste poesia dell'abbandono per cause ignote.
 2. Altra cosa che si nota subito è che per strada NON CI SONO VECCHI. Giovani e meno giovani con lo skateboard, ragazze con i collant smagliati (ah si, qua la gente gira coi collant smagliati. Così, ancora non me lo so spiegare, è una cosa che mi fa soffrire, preferisco non parlarne), gente col bicchierone di caffè, con l'ipod nelle orecchie, ma non i vecchi. Da quando sono qui mi chiedo: Dove sono i vecchi?!?! Dove sono gli adorabili anziani che ci mettono ore ad attraversare sulle strisce? Dove sono quei simpatici nonnini che guardano i lavori in corso? DOVE?
Ecco adesso lo so. Sono TUTTI sugli autobus che prendo alle 8 di mattina per andare all'ospedale. Appaiono alla fermata con bastoni e zanette, sacchi della spesa, carrellini della spesa, valigette sospette e catarro. Cosa fanno? Dove vanno? Porco Noè, prendo 3 cazzo di autobus, arrivano che sembrano vuoti, e poi improvvisamente si materializzano dal nulla I VECCHI a cui devi cedere il posto (se no sei una specie di Grandissimo Bastardo Figlio di Put che anche all'Inferno ci fai schifo). Posto in cui non hai nemmeno fatto in tempo a sederti perchè dal NULLA, da DIETRO di te è apparso un VECCHIO affaticato. 
Io credo che ci sia una legge che proibisce agli over 70 di stare per strada. La decadenza corporea evidentemente non sta bene col colore delle case, o fa sembrare brutti i marciapiedi, che ne so. Quindi i vecchi stanno tutto il giorno in giro sugli autobus, ma non su tutti gli autubus. Sul 18, sul 40 e sul 44. In periferia. Che Downtown mica li vogliono i vecchi. 


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